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Amare Prospero Alpini

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Il viaggio in Egitto: lo studio della botanica dell’isola di Creta, della botanica e della medicina egiziana

Sotto l’influenza del Guilandino, Prefetto e Ostensore dell’Orto Botanico, suo maestro amatissimo, non solo di dottrina ma anche di vita, e delle esplorazioni naturalistiche da questi compiute in terre lontane, l’Alpini viaggiò in Egitto dal 1580 al 1584 al seguito dell’ambasciatore veneziano Giorgio Emo. Le  osservazioni da lui compiute sono contenute in numerose opere, alcune postume, De medicina Aegyptiorum (1591), De plantis Aegypti (1592), De plantis exoticis (1629) e Rerum Aegyptiarum libri IV (1735). Nel De plantis Aegypti per la prima volta descrisse e delineò la pianta del caffè (Coffea arabica L.), sottolineando gli impieghi terapeutici della bevanda ottenuta dai semi tostati.
Un viaggio, ed un soggiorno, si erano trasformati in un “dialogo” tra la cultura occidentale e la cultura orientale. Nel De medicina Aegyptiorum la medicina degli egiziani, confrontata con le tradizioni mediche dell’Università di Padova, si trasforma in una dissertazione dedicata alla storia delle religioni del Mediterraneo e dell’India “minor”. L’edizione parigina del 1646 interpreta compiutamente questa tendenza: l’Egitto e l’India sono accomunati in un confronto che risale ad Erodoto, viene ripreso da Leon Battista Alberti nel De architectura negli stessi anni nei quali viene edita l’opera di Jean Bodin (Angers, 1529 – Laon 1596) il Colloquium Heptaplomeres, dedicata alle religioni del Mediterraneo ed alla possibile loro convivenza. La ragione storica è fonte di concordia religiosa e culturale.

Il Caffè

All’Alpini dobbiamo la prima descrizione botanica  del Bon, e dell’uso dei suoi semi tostati con cui gli egiziani preparavano un decotto usato anche a scopo terapeutico, il Caova. Si tratta della Coffea Arabica, e il decotto  è quello che noi oggi chiamiamo: Caffè.
Nel giardino del turco Halybei vidi un albero […] che produce quei semi colà ben noti con il nome di bon o ban. Con questi semi tutti, tanto gli Egiziani quanto gli Arabi, preparano un decotto assai diffuso e che essi bevono al posto del vino. Questo decotto è venduto nelle pubbliche bettole, non diversamente che il vino da noi: lo chiamano caova. Questi semi provengono dall’Arabia Felice […]
tratto dal De Plantis Aegypti (1592).
L’Alpini al suo ritorno dall’Egitto, lungi dal supporre quale voga esso avrebbe preso più tardi in gran parte del mondo, contribuì alla diffusione del Caffè nella Repubblica di Venezia, tanto che proprio qui furono aperte le prime Botteghe dove si poteva degustare la bevanda ed acquistare i semi tostati. 

Il ritorno a Padova e la direzione dell’Orto Botanico

Dopo una lunga vacanza, nel 1594 la lettura dei semplici fu affidata all’Alpini, che nel 1603 assunse anche gli incarichi di Prefetto dell’Orto e della Ostensione dei Semplici, in seguito alla morte di Giacomo Antonio Cortuso. Sotto la sua direzione l’Orto Botanico di Padova diventò un importante centro di studio e di ricerca, soprattutto per quanto riguarda la diffusione e la coltivazione di molte specie esotiche. L’Alpini fu in corrispondenza con molti studiosi italiani e stranieri, con i quali effettuò scambi di piante e di semi. Studioso della flora italiana e di quella esotica, particolarmente di quella egiziana e cretese, le sue ricerche sono sempre mirate alla conoscenza delle proprietà farmacologiche e quindi finalizzate a eventuali usi terapeutici. Attento osservatore di fenomeni naturali, egli fu un precursore dell’idea di una riproduzione sessuale nelle piante, con le sue osservazioni (1592) sulla fecondazione delle palme da dattero femminili da parte della “polvere” delle infiorescenze maschili. Il suo nome è tuttora ricordato dal genere Alpinia.   
L’Alpini era anche medico pratico di grande valore e nel 1601 pubblicò un’opera sulla prognosi intitolata De praesagienda vita et morte aegrotantium libri septem, destinata ad avere un grande successo. Il De praesagienda è un’opera clinica, semeiologica, fondata sull’antico pensiero ippocratico, arricchito e verificato dalle proprie osservazioni personali. Il trattato De medicina methodica (1611), invece, è un acuto tentativo di ridestare l’interesse dei medici verso l’antica dottrina dei Metodici e quindi verso il pensiero solidista. 

Prospero Alpini e Leandro Dal Ponte

A Leandro Dal Ponte (Bassano del Grappa, 1557 – Venezia, 1622), figlio del celebre pittore bassanese Jacopo Dal Ponte, dobbiamo il pregevole ritratto di Prospero Alpini in età giovanile, raffigurato a trentun anni, come precisato nel retro del quadro, quando l’Alpini si era recato a Bassano del Grappa per esercitarvi la professione medica, alla fine di novembre 1584. Il dipinto fu donato dall’artista al Nostro  verosimilmente in segno di gratitudine per le cure da lui prestate presso la famiglia dei Dal Ponte. 
Il ritratto è oggi conservato presso la Staatsgallerie di Stoccarda.

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